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Illuminazioni

on . Posted in Comunicazione

Ieri su un bus a Parigi. Salgo e, come al solito, preferisco mettermi in piedi in un angolo. Con la coda dell’occhio noto nell’apposito spazio riservato  - e in Italia? - una carrozzina, anzi una motoretta per invalidi. Non è delle solite. Un po’ chiassosa, giallo sole, giovanile. C’è una ragazza: piccola, con una grande frangetta, stampelle in grembo. Noto distrattamente che usa lo specchietto retrovisore per truccarsi. E’ un’operazione lunga e accurata, intervallata da velocissimi messaggi sul telefonino. Mi colpisce la naturalezza, la disinvoltura, la calma con cui le sue mani si muovono. Ci sono posti liberi di fronte e allora mi siedo. Voglio osservare senza dare nell’occhio, senza divenire molesto.

Dapprima è il phard, lento, insistito. Passa al rossetto. E’ il turno di ciglia e sopracciglia. Tutto con grande precisione. Estrae i vari astucci e pennellino da una borsa appesa al manubrio, lato sinistro. Controlla con cura il risultato nello specchietto. Ritocca,  riguarda finché non è soddisfatta. A destra c’è un’altra busta appesa al manubrio, trasparente. E’ gonfia di una bella bottiglia di champagne e una scatola. Sembrano dolci. Spiegano tutto. Soprattutto perché è così assorta, così lontana da chi la circonda.

Arriva la fermata. Devo scendere. Mi alzo ma devo cederle il passo. Scende anche lei. Lo fa in retromarcia verso la porta, con la naturalezza di una lunga abitudine. Sfreccia nella folla su Boulevard Saint-Michel e mi distanzia. Negli occhi mi resta impressa la scritta incisa sul sedile: “À bientôt, j'espère”.

Ho gli occhi umidi. Mai vista tanta voglia di vivere, tanta ricerca di gioia e futuro.

 

Una nota forse inutile: “À bientôt, j'espère” è anche il titolo - divenuto modo di dire - di un famoso film del ’68 operaio francese in cui si lottava non solo per il salario ma per un’altra forma di vita