S’avvicina il passaggio d’anno. E non sono molte le speranze che l’avvio del 2023 si stacchi molto dalla chiusa sanguinolenta e marcescente di questo 2022. Anzi.
Eravamo abituati ad un trascorrere del tempo ritagliato su misura del nostro vissuto, di credenze e visioni alimentate dal nostro sguardo. Al massimo ci si spingeva alla dimensione del secolo, forti del nostro abituale dominio sul mondo di Europei, Occidentali. E giù allora con la litania dei secoli con cui abbiamo tenuto a battesimo il trascorrere del tempo: Medioevo, Modernità, Barocco, Illuminismo ecc…
In piena globalizzazione, più o meno neoliberista, Putin ha evocato infine lo sdoganamento possibile in Ucraina dell’arma finale, l’atomica più o meno tattica, scacciandola da quel comodo serraglio in cui la guerra fredda l’aveva rinchiusa grazie alle ferree leggi della deterrenza: accumulane tante, ma tienile ben strette. Valgono solo come minaccia, pena l’Olocausto finale. Ora invece, a partire dall’alba fatale del 24 febbraio ogni mossa, anche quella più naturale e obbligata a favore di un popolo martoriato quotidianamente, deve essere vagliata e interrogata. E se poi scatena…?
È notte piena sul mondo. Dall’Ucraina all’Iran, Il tutto dilatato in interrogativi a dimensione di millennio. Isaia, però, non ci dà risposte rassicuranti con il suo versetto biblico e la sua sentinella. Né possono rallegrarci le volute fantastiche della «Notte stellata» di Vincent Van Gogh. Quei gorghi si spalancarono luminescenti agli occhi del pittore dalla finestra della clinica per alienati mentali di Saint-Rémy-de-Provence. L’anno seguente si sarebbe suicidato con un colpo alla testa.
È un globo anch’esso straniato quello che ci circonda nell’ingresso in un’altra età. Per orizzontarci abbiamo bisogno di altri compassi, di un altro metro, di un’altra geometria. Magari non euclidea, non più piana, capace di guidarci in nuovi meandri, in nuove volute. Ci muoviamo ormai in un mondo post-statuale, in cui popoli, élites ed oligarchie provano, spesso invano, a ricontrollare il proprio ambito vitale, a riconquistare sovranità, magari rimescolando in formule inedite regioni, nazioni ed entità sovranazionali. Le formule di un tempo non soccorrono più né è possibile riconoscersi negli stendardi e nelle bandiere abituali. E se da un lato tempo e spazio si dilatano incontrollati, sia pure racchiusi nello smarphone che ognuno di noi porta in tasca, progressivamente si sentiamo togliere il respiro come topolini rinchiusi nella scatola di un qualche esperimento allestito dallo stregone di turno, lanciati magari in rincorse e scontri sempre più parossistici. Istituzioni e politica suonano al nostro orecchio come un accavallarsi di voci cacofonico, sempre più rattrappito nell’urlo monocorde di un sordo rancore sociale.
Sotto questo profilo, appare quanto mai istruttivo il laboratorio italiano. Come sempre, il Belpaese ha rivelato proprietà e capacità anticipatrici rispetto al Vecchio Continentee ad ogni sua realtà nazionale. È sulle nostre rive che i comandamenti del sovranazionale, della nuova Unione Europea, quella congerie di direttive e regolazioni riassunta sotto il termine onnicomprensivo austerità, hanno saputo produrre mutamenti rapidissimi quanto radicali del sistema politico. Sotto quella sferza, prima che in qualsiasi altro paese europeo, la nostra giovane Repubblica si è avventurata per una precoce quanto precaria e ininterrotta metamorfosi dei propri assetti istituzionali e politici.
Come dimenticare che all’indomani dell’ingresso nel XXI secolo, in meno di un ventennio abbiamo già accumulato più o meno infruttuosamente quattro tentativi di riforma costituzionale. Come non sottolineare soprattutto come questi complessivi mutamenti, accumulati nell’ultimo ventennio, non abbiano affatto prodotto stabilità. Tutt’altro: sono oggi tutti materia incandescente di un confronto politico e istituzionale che sta impegnando severamente, e per alcuni aspetti corrodendo, le residue energie politiche e istituzionali di un paese giunto a livelli di sfiducia e astensionismo politico finora impensabili.
Di qui il bisogno di capire, scavare nel profondo…
Per chi vuole approfondire
Isidoro Davide Mortellaro, A che punto è la notte?, edizioni la meridiana