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ATOMICA E ROSA DEI VENTI

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ATOMICA E ROSA DEI VENTI

(pubblicato sulla «Gazzetta del Mezzogiorno» del 27 marzo 2022 con il titolo: «Atomica e Rosa dei Venti. L'Italia dai "due volti". Sull'incubo nucleare»)

 L’atomica riempie le prime di giornali e social-network, così come i lanci di TG e talk show. Ora anche senza più la faccia o gli annunci fatali di Putin. Nubi e funghi malefici turbano ormai le serate di ognuno, mutandole in incubi. L’altro ieri, in prima serata, Vladimir Solovyov, intrattenitore principe di “Rossya 1”, ha sollazzato il pubblico con la minaccia dell’arma fatale. Testuale: «I Polacchi debbono sapere che in trenta secondi non resterebbe più nulla di Varsavia». 

E così tra ieri e oggi è stata tutta una fioritura ferale. Dal “Corriere della Sera”, al “New York Times”,  passando per “Le Monde”, “Washington Post” o la paludata, prestigiosissima, “Foreign Affairs”, uno solo l’interrogativo sospeso sulla testa del mondo: “Rethinkink the Unthinkable”? “Ripensare l’Impensabile”? Ritorna l’incubo  della mutua distruzione dell’umanità? E giù con l’enumerazione delle varie possibilità. Che succede nel caso si usi – come sembra già accaduto – il fosforo bianco? O altri composti chimici? O magari armi batteriologiche diffuse o sfuggite da questo o quel laboratorio?  Ma se poi, invece, la parola passa all’atomica? Non alle ogive proiettate all’altro lato del mondo dai vettori intercontinentali. Magari alle cosiddette “tattiche”: multipli modesti – per dir così – dei funghi sbocciati su Hiroshima o Nagasaki … E via con la parola agli esperti, agli strateghi d’ogni indirizzo e cultura. 

Il lettore comune si destreggia a fatica con cartine e mappe complicate, sigle astruse. Finché poi non si finisce col far menzione di qualche venticello fatale. E allora anche il termine più strambo – “spill-over” – si illimpidisce e rivela i suoi risvolti mostruosi. Che succede e dove se nell’attimo fatale in cui si sgancia un composto chimico, batteriologico o atomico – “tattico”, per carità – su qualche angolo di Ucraina, il vento spira da Ovest?  E se non è Tramontana, con strascichi sul Mar Nero, ma Libeccio? Tutto rischia di tornare a casa di chi ha sganciato?

Allora anche il lettore meno acculturato comprende e rabbrividisce. Alle nostre latitudini abbiamo già conosciuto queste ventate col disastro di Chernobyl. Vietato andar per funghi sulla Murgia allora. E poveretti quei francesi che si fidarono dei loro servizi metereologici, sicuri che la nube radioattiva non sarebbe arrivata sulle alture francesi. Chirac e Sarkozy portano ancora il peso delle accuse e dei dubbi del tempo.

Materia tutta per malinconici e mesti sorrisi, se non fosse per le news odierne. In risposta allo slargarsi del chiacchiericcio atomico, giunge notizia che nel retrobottega strategico dei meetings di Nato, UE e G7 si sarebbe messo mano alla cosiddetta “postura strategica”. Insomma, come rispondere se qualche malaugurata nube chimica, radioattiva o atomica supera il confine ucraino e raggiunge terre “atlantiche”? Polacche o baltiche che siano? Vaga la risposta. Perciò assai inquietante: “Ogni utilizzo da parte russa di armi chimiche o biologiche sarebbe inaccettabile e provocherebbe severe risposte … Stiamo accelerando la trasformazione della Nato rispetto ad una situazione strategica più pericolosa … rafforzando la nostra capacità di deterrenza»: si legge nel comunicato ufficiale NATO di ieri. Insomma, il ricorso a misure estreme ora è contemplato da ogni versante. 

Ma siamo ancora in un mondo governato da una Carta delle Nazioni Unite e dal suo comandamento supremo di «salvare le future generazioni dal flagello della guerra»? E in Italia? Come mai da firmatari del Trattato di non proliferazione nucleare (1968) siamo impegnati (articolo II) a non accettare il trasferimento sul nostro suolo di qualsiasi arma nucleare, ma invece ospitiamo nelle basi di Aviano e Ghedi tra 70 e 90 atomiche cosiddette “tattiche”, nell’ambito del programma di condivisione della deterrenza nucleare NATO? E perché mai – assieme a tutte le potenze atomiche e a quella aderenti alla Nato e poche altre – anche noi Italiani non abbiamo ancora firmato il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, sottoscritto invece già da 129 nazioni e 7 organizzazioni internazionali, e entrato in vigore il 22 gennaio 2021? Così rispettiamo quel «ripudio della guerra» solennizzato nell’art. 11 della nostra Carta fondamentale?

Sarebbe forse il caso, ancora una volta, di imparare dall’Ucraina. Ora sotto fuoco e ceneri micidiali. Forse in risposta alla decisione presa nel 1991 rinunciando a favore della Russia di Eltsin – è il caso di non dimenticarlo mai – a migliaia di atomiche allora ereditate dalla dissoluzione dell’URSS? Il terzo arsenale atomico del mondo: a quel tempo e ancor oggi.

Una lezione fondamentale per il mondo tutto, soprattutto oggi, mentre venti di tempesta chiudono con nubi minacciose ogni orizzonte.

 

Isidoro Davide Mortellaro

docente di Storia delle relazioni internazionali 

Università di Bari “Aldo Moro”