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VISIONI E OSSESSIONI DI UNO ZAR DEL TERZO MILLENNIO

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VISIONI E OSSESSIONI 

DI UNO ZAR DEL TERZO MILLENNIO

(Pubblicato sulla «Gazzetta del Mezzogiorno»  del 21 aprile 2022 con il titolo "Visioni e ossessioni di uno Zar del Terzo Millennio)

L’ingombro dell’URSS e del comunismo nella storia del Novecento, assieme alla lunga ed estenuante querelle sull’allargamento della Nato, hanno quasi sigillato al secolo scorso la nostra visione d’Europa e della Russia. Stentiamo perciò spesso a cogliere in tutta la loro portata le mosse di Putin nel mutato quadro europeo ed internazionale. Di qui i tanti interrogativi spesso suscitati dalle sue azioni e l’ansia suscitata dal loro carattere quasi sempre ultimativo, se non fatale.

In realtà, gli orizzonti sono completamenti mutati. Né è più tempo di «guerra fredda». La frequenza con cui viene ormai evocato o persino minacciato il ricorso all’atomica, più o meno tattica, ci fa temere che  quell’epoca, con le sue cautele, sia ormai sepolta. Il terrore di immani distruzioni è tra noi, ma mosso ormai da altre visioni, da altri disegni. In realtà, poco conosciuti, se non da ristrettissime schiere di esperti. 

Troppo spesso proiettiamo su Putin l’ombra sovietica. Ma i cieli ormai sono altri. Indagati da altri sguardi e visioni, magari mutati profondamente durante il nuovo ciclo presidenziale del nuovo «Zar di Russia», per stare all’etichetta ormai abitualmente affibbiatagli.

A partire dal 2012, inizio del nuovo ciclo presidenziale – allungato a 12 anni e ora aperto al raddoppio – matura una svolta profonda. L’ossessione iniziale di conservare l’universo russo, dopo i timori per la dissoluzione possibile del dopo-Eltsin, muta in esplicite teorizzazioni di Eurasia. Ad evocarla come sorgente di virtù incontaminate - in contrapposizione all’Occidente decaduto, senza più regole, perso nelle dissolutezze di una morale post-cristiana - provvede da tempo in Russia una folta schiera di intellettuali ed esperti.  Si rifanno in genere agli insegnamenti non solo della Chiesa ortodossa ma di una serie di teorici della destra storica russa, cresciuta in esilio, vicina al fascismo italiano e al nazismo tedesco. Parliamo per il passato di Ivan Ilyin o di tradizionalisti come Nikolaj Berdjaev. A loro si ispirano nella Russia del XXI secolo circoli intellettuali quali l’Izborsk Club o il Valdai Discussion Club, quest’ultimo omaggiato da interventi annuali di Putin. Entrambi questi think-tank, animati da figure di destra dichiarata quali Aleksander Prochanov o Aleksander Dugin, già noto per le sue frequenti incursioni in Italia, vedono nella tradizione russa la sorgente per una riorganizzazione complessiva di una comunità allargata dall’Oceano Pacifico fino alla malaticcia penisola europea ad Occidente. Riecheggiando le idee di Carl Schmitt su terra e mare, rivisitate da Dugin, contemplano l’eterna lotta tra il sano e virtuoso popolo della terra contro il popolo del mare, degenerato per le sue innominabili ibridazioni e frequentazioni. 

A questo universo si ispira l’ultimo Putin. La svolta nel documento ufficiale di politica estera, il Foreign Policy Concept del 18 febbraio 2013, da allora riproposto negli assi fondamentali ogni anno. In un futuro dominato dai processi di globalizzazione e da caos e lotta per l’accaparramento delle risorse, è necessario riconquistare grandi spazi adeguati a preservare patrimoni, giacimenti di cultura e civiltà. Di qui la necessità di garantire rapporti e legami nell’intera area euro-asiatica. Di fatto, in una rilettura militante dello «scontro di civiltà» teorizzato all’indomani della guerra fredda da Samuel Huntington, Putin fa virare la geopolitica classica in una sorta di crociata contro l’Occidente e l’Europa decadenti. Il tutto mascherato dalla guerra al neonazismo risorgente che muoverebbe all’attacco dell’universo russo.

Ma come sostenere questa epica battaglia alla testa di una società come quella russa, guidata oggi da un manipolo di siloviki corrotti fin nel midollo? Un apparato pubblico centrale mutato da tempo in cleptocrazia istituzionalizzata dedita all’esportazione di immense ricchezze  nascoste ai quattro angoli della terra alle possibili ganasce dello Stato russo? Come combattere la corruzione del mondo e dell’Occidente stando alla testa dell’oligarchia più corrotta del pianeta? 

Anche questa incongruenza gigantesca indebolisce l’attacco di Putin all’Ucraina. E non solo l’inaspettata resistenza di un popolo. Come finirà è assai arduo prevederlo. Per parte nostra sta ai nostri concreti comportamenti mostrare la falsità dei giudizi di Putin e della destra russa. Con la costruzione di una Europa solidale con tutti gli ultimi del mondo. Senza illusioni nelle virtù salvifiche di spese militari drogate da fumi di guerra. 

 Isidoro Davide Mortellaro

docente di Storia delle relazioni internazionali

Università di Bari “Aldo Moro”